Carrea, l’ultimo “angelo” di Coppi

“Più piano, Sandrino! Più piano!” urlava Fausto Coppi, dal folto del gruppo, quando Andrea Carrea detto Sandrino faceva l’andatura prima delle salite. Lo gridava due, tre volte ma Sandrino non diminuiva, anzi accelerava. Un piccolo trucco. Uno dei tanti di Fausto, mentre era in corsa: “più piano”, voleva dire “più forte”. Per fare selezione.

Ne aveva fatti, di chilometri con Fausto, Sandrino. Era uno dei suoi scudieri. Forse il più innamorato della classe innata che aveva il Campionissimo, in bicicletta e nella vita. Forse il più fedele. Così tanto da voler solo questo dalla sua carriera: stare al fianco di Fausto era la sua più grande gratificazione. Anche lui, come Coppi, era stato costretto ad abbandonare la bicicletta per colpa della guerra: nel 1943 fu internato in Germania ma il suo fisico eccezionale gli consentì di tornare di sella e di farsi riconoscere per le sue doti di passista e di scalatore. Ma il destino ha strade diverse da quelle che si aspettano tutti e molte volte, all’inizio di queste strade ci aspettano persone che sono come un segno. Ad aspettare Carrea c’era Fausto Coppi che gli affibbiò subito il diminutivo “ino”, a quel “Sandro” che preferiva al nome di battesimo. Da quel momento Sandrino non lasciò più il Campionissimo. Sotto la sua tempra da forte passista e da buon scalatore c’era un animo votato al sacrificio senza gloria, al gregariato perenne, all’essere ombra di un uomo che la gente amava fino alle ossa. Le sue vittorie erano quelle di Fausto e la sua umiltà fu commovente quando, nel 1952, indossando la maglia gialla del Tour, in lacrime, cercò lo sguardo del suo capitano. Quando si incontrarono mormorò soltanto: “Questa non mi spetta”.

Se ne è andato come voleva lui, Sandrino. In silenzio, all’età di ottantotto anni, quasi senza sentirli. E questa volta sì che il ciclismo è ancora più povero.

Con Carrea svanisce come d’incanto quella generazione di gregari generosi, fedeli al proprio capitano, merce sconosciuta al ciclismo ipertecnologico del giorno d’oggi. Un ciclismo di altri tempi che era composto da uomini rudi, ma sinceri, incuranti della fatica, fedeli alla parola data, forse un po’ ruvidi, ma anche da gregari, campioni d’umiltà e abnegazione.

Andrea Carrea, detto Sandrino è nato a Gavi il 14 agosto 1924 è mancato a Cassano Spinola il 13 gennaio 2013. Professionista dal 1949 al 1958, corridore dalle buone doti di passista, insieme ad Ettore Milano fu uno dei due fedelissimi del Campionissimo Fausto Coppi. A fine 1949 passò professionista nella Bianchi di Coppi e da qui lo seguì in otto Giri e due Tour de France corsi con la maglia della Nazionale Italiana. Proprio al Tour riuscì ad indossare nel 1952 la maglia gialla al termine della nona tappa.

Tra le vittorie la Milano-Tortona e la Targa d’Oro Città di Legnano nel 1948 da dilettante, nel 1950 la Torino-Biella e nel 1952 la 2ª tappa Tour de Romandie (Martigny > Ginevra).